LOVING SALVADOR DALÍ - Le pillole d'arte di Martina Casati


Le pillole d’arte di Martina Casati

Loving Salvador Dalí

Buongiorno “pilloline”. Oggi vi parlo di Salvador Dalí. Pare che in una collezione privata americana sia stata scoperta un’opera che era sparita per settantacinque anni: un lavoro superconcettuale (si potrà dire di Dalí?) del 1932 con un’asta lunghissima che esce da una finestra e proietta un’ombra inquietante su un muro scrostato. Però, diciamolo, questo artista spagnolo è quasi più interessante per la sua vita privata che per la sua opera, per quanto sia il più grande dei surrealisti e per quanto i suoi “orologi molli” (il titolo vero è La persistenza della memoria, sì, ma “orologi molli” fa più simpatia) siano un’icona. Pensate che pare che l’idea gli sia venuta una notte di mal di testa, solo in casa, mentre se ne stava lì un po’ depresso in cucina ad osservare una forma di Camembert che si squagliava. 



Ma torniamo alla sua vita privata. Ah, se io fossi una giornalista d’assalto degli anni ruggenti – e non una povera schiava con un caporedattore sociopatico, giustamente chiamato Pitbull, che mi manda a intervistare artisti svitati e con pesanti patologie psichiche – avrei dato chissà che cosa per essere ammessa in quel castello che lui, l’uomo dai baffi a manubrio più famoso di sempre, aveva fatto costruire per la sua dea, il Castello di Púbol, vicino a Girona, e per intervistare questi due personaggi incredibili. E la sua dea? Parliamone. Diciamo che la storia d’amore tra il fulgido Salvador e l’oscura Gala (al secolo Elena Dmitrievna D’Jakonova) è di quelle che mettono di buonumore anche le più sfortunate con gli uomini. Che dopo aver letto qualche aneddoto (e dopo aver visto le foto) si rassicurano sul fatto che c’è una possibilità per tutti. Anche per le donne odiose, fedifraghe e francamente (posso dirlo?) piuttosto bruttarelle. Gli occhietti piccoli e ravvicinati, l’espressione da infermiera sadica (di quelle che stringono con le dita il tubo dell’ossigeno per farti soffocare), la bocca cattiva e dei capelli dalle acconciature improponibili (ma su quello si può lavorare), Gala conosce Salvador nel 1929. Lui ha 24 anni, lei 35; lui è un bel tipo magro dagli occhi penetranti e dalla figura atletica, lei… abbiamo già detto; lui è libero, lei è sposata con Paul Elouard e ha una relazione sessuale con Max Ernst (evidentemente, diciamolo, dei numeri ce li aveva). Si innamorano perdutamente e si sposano all’istante: lui non guarderà mai più un’altra donna in vita sua, povera anima, lei lascia marito, amante e figlia e fugge con quel povero spagnolo… per cornificarlo per tutta la vita, con amanti sempre più giovani che ospita nel castello di Púbol impedendo al marito – nonché legittimo proprietario – di avervi accesso. Misteri della vita. Certo, Gala è anche la sua musa: con lei accanto, Salvador dipingerà i suoi capolavori, diventerà famoso, conquisterà l’America, girerà un film, delle pubblicità e inventerà anche il logo dei Chupa chups. Davvero! (Sarà anche tacciato di simpatie filofasciste e di una cera avidità, in realtà). Ma poi la figura di Gala entrerà come un gas tossico in tutti i quadri, diventerà Madonna, regina, guerriera (e bella, così più bella del reale che neanche Photoshop…). Insomma, si ameranno fino alla morte. E anche dopo: pensate che lui – vedovo inconsolabile – nel 1982 farà trafugare dall’ospedale di Barcellona la salma della sua bella (!) appena spirata e la porterà nel castello di Púbol per conservarla in una teca trasparente (come Biancaneve) e guardarsela a piacimento. Una storia un po’ horror, insomma.
E se avete voglia di vedere 200 litografie e xilografie di Dalí, fino al 31 agosto le trovate alla Historian Gallery di Gavirate (historiangallery.com) 


Martina Casati è la protagonista di Arte, amore e altri guai, di Alessandra Redaelli, Newton Compton Editori, Roma 2017.

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